Lettera aperta di un motociclista

Ho deciso di pubblicare questa lettera, perché riassume le motivazioni che mi portano a combattere per i diritti dei motociclisti (oltre alla disciplina delle omologazioni). Per l’incolumità di chi vive le due ruote e per le tante famiglie che aspettano il ritorno, di chi è immerso in questa giungla d’asfalto. 

<< Carissimo dott. Rossi, le scrivo per raccontarle la mia triste storia, perché penso che quello che state facendo sia Grande!!! Io non so se riuscirò mai a trovare il coraggio per risalire in sella ad una moto ma, il vostro lavoro, il suo e di tutti quelli della Task Force, è veramente da ammirare.  Io fin da piccolo, ho avuto un mezzo di locomozione a due ruote. A 3 anni la moto a batteria, a 5 la mini moto, a 12 il fifty, a 15 lo scooter, a 16 l’Rs 125. A 18 volevo acquistare qualcosa di più potente, così aspettavo l’età legale per poterlo fare. Arrivato a 19 anni ho deciso di vendere il 125 che non usavo più, perché avevo paura..In montagna le strade in primavera, sono sempre polverose e pericolose (a causa del sale e della ghiaia che vengono usati contro il ghiaccio e la neve), inoltre, un ragazzo che conoscevo, aveva avuto un brutto incidente speronando una macchina. E’ stato mesi in ospedale, perché era andato ad impattare contro una ringhiera che delimitava un giardino privato. La paura aveva iniziato a confondermi le idee e preferivo aspettare per acquistare qualcosa di più veloce, nel pensiero (un pò incosciente) che alla fine le cose succedono sempre agli altri. Pochi mesi prima del mio ventesimo compleanno, avevo iniziato a pensare a cosa comprare poi, un conoscente di famiglia mentre tornava a casa da moglie e figlia, è stato travolto da un’auto che ha tagliato uno stop. E’ entrato in coma e, dopo qualche mese si è trovato su una sedia a rotelle. Lì ho iniziato a pensare che forse, la mia padronanza della velocità non bastava, bisognava avere anche tanta fortuna e per questo, ho deciso di rinviare l’acquisto a data da destinarsi, quasi rassegnato a non vivere più come un tempo. La gente intanto, iniziava a dire che ero cambiato, in meglio e io, mi sentivo davvero diverso ma..in peggio. Non sapevo più chi ero, la moto non c’era più, la mia grinta non c’era più…ero uno di loro..uno normale, ero povero..povero nell’animo, non avevo più il coraggio di fare ciò che mi rendeva felice. Poi nel mio vagabondare ho conosciuto Moreno (una persona fantastica), che mi ha invitato alla Biker Fest. Ho fatto 3 giorni tra moto e motociclisti e, neanche a dirlo, lunedì ero in edicola per acquistare una rivista con listino. Quella stessa settimana un mio amico, arrivava a casa con una naked. Io sapevo che Stefano (lo chiamerò così, per il profondo rispetto che ho per la sua famiglia) era un ragazzo vivace e mi sono preoccupato per lui. Stefano indossava sempre la tuta ed era andato in pista per provare la moto al limite, come gli avevo consigliato. Gli unici problemi che non eravamo riusciti a risolvere, in tante serate passate a parlare di sicurezza, erano le incognite legate agli altri veicoli (problema nella mente del motociclista si risolve pensando: -“le auto si schivano facilmente!”) e alle strade (problema che si risolve nel pensiero: -“dove non conosco non corro!”). Stefano era un ragazzo splendido, pieno di vita e simpatia, con garbo e buona volontà aveva conquistato tutti, anche una bellissima ragazza (avevano deciso di sposarsi). Dal canto mio, continuavo a visitare le officine pensando che potevo andare in giro col mio amico una volta presa la moto, magari per dargli una lezione! Un giorno però, Stefano era partito con la ragazza per una vacanza e, hanno avuto un incidente mentre tornavano a casa, sono deceduti entrambi. Non ci volevo credere, erano partiti in moto e Stefano non correva quando aveva la ragazza in sella..Perché? Per una pozza in galleria! Stava percorrendo l’autostrada, la giornata era bella anche se nei giorni precedenti c’erano stati dei temporali, l’asfalto era asciutto e i due ragazzi correvano in contro alla vita, entrano in una galleria, “non curanti” di un cartello (poco più grande uno stop), che segnalava la possibile presenza di pozze, dovute alle infiltrazioni d’acqua piovana dalla montagna sovrastante..Una pozza c’era. Sono caduti, sono stati investiti e..sono stati seppelliti assieme nel cimitero della città natale di Stefano. L’eternità li ha uniti ed ora, alla sera non si sente più in cortile, la voce di Stefano che scherza con mio padre. Ho deciso di non comprarmi la moto, questo è quanto. Sono senza moto e per questo mi sento come un topo in gabbia, mi sono ripromesso di acquistarne una solo per girare in pista. Alla fine, sono un motociclista, solo che ho troppa paura per esserlo in pratica. Quando e se, riuscirete a fare qualcosa per chi guida le due ruote, quando la sicurezza non sarà più un optional, tornerò in sella..Così sono pronto a combattere, per tutti gli appassionati, per uscire dalla gabbia di paura che la strada mi ha cucito addosso. Ho ancora la tuta nell’armadio, spero che non attenda ancora a lungo. Io mi sono arreso all’evidenza ma voglio aiutare tutti gli amici che con coraggio e determinazione, non abbandonano mai la loro compagna a due ruote.

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